la forma del pensiero

Se togliamo all’opera il carattere di superficie dipinta e le restituiamo quello originario di composizione visibile, o di visione com-posta, risulterà chiaro quello che intende Ariela quando intende attribuire ai lavori qui in mostra il carattere di generatori di pensiero. Ariela chiama gli spettatori a entrare nell’ordine che è dato alle opere nello spazio espositivo e al tempo stesso nel reticolo segreto attraverso il quale le opere che occupano tale spazio si osservano a distanza e inter-agiscono. Tutto ciò diviene possibile solo attraverso la griglia di uno sguardo, di una attenzione, di un linguaggio. Soltanto nelle caselle bianche di tale quadrettatura le opere si manifestano come già presenti in silenziosa attesa di essere “guardate”. E’ in esso, nell’atto dello “sguardo” che lo spettatore scopre che vi sono possibilità infinite nel gioco di “visibile e invisibile”(v.Merleau-Ponty), quasi che scostandosi dagli ordini empirici che i suoi codici prescrivono, lo sguardo privasse  le opere della loro caratteristica originaria di essere solo contenuti in un contenitore-lo spazio espositivo- e cogliesse l’in-dicibile: le opere così si lasciano guardare e nel contempo attraversare: gli ordini possibili della visone diventano molteplici. Il gruppo di opere che fanno parte del nucleo finale della produzione dell’artista ben si collocano in tale frame ,in tale provocazione di opere neuroniche che vogliono stimolare,far crescere ,mettere in moto il carattere insieme fisico e emotivo dei neuroni del nostro pensiero.

  • Una creatività che sollecita e stimola nuova creatività: quella primigenia di Ariela artista e quella, connessa ad essa, dello spettatore che guarda le opere. I lavori collocati nello spazio espositivo ,ben lungi dall’essere contenuti di un contenitore, consentono mediante una progressiva osservazione,di svelare l’in-dicibile: le opere si lasciano guardare e nel contempo attraversare,gli ordini di formazione del pensiero diventano molteplici. Esiste quindi tra lo sguardo e il progetto installativo una ragione mediana che può essere definita esperienza “nuda” dell’ordine.
  • La nostra percezione si muove in questo spazio d’ordine e coglie le differenze crescenti dei diversi “punti di vista”. Lo spazio accoglie, si dilata interagisce con i molteplici segni impressi sul bronzo, sul vetro, sulla tela, nei video. Un dialogo muto tra spettatore e opera che vuole entrare nei meandri irriducibili al tempo della creazione dell’opera stessa. La struttura compositiva della mostra nasce da una archeologica ed insieme evocativa stratificazione del linguaggio e la superficie delle opere rimanda,nelle sue geometrie, a un incontro /confronto tra la ricerca di senso che l’artista cerca di mostrare con un uso molteplice di materiali ,una ricerca del suo proprio senso che nell’entrare nei meandri del pensiero creativo individuale incontra la memoria e la creatività del mondo. Come ben sottolinea Walter Benjamin in Angelus Novus :
  • ”la storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è costituito dal tempo omogeneo e vuoto,ma da quello riempito dall’”adesso”.Dove il passato è carico di questo esplosivo, la ricerca materialistica accosta la miccia al “continuum” della storia. Con questo procedimento essa ha in mente di far saltare fuori dal continuum l’epoca (e così fa saltare fuori dall’epoca la vita di un uomo e dall’opera di una vita un’opera). Il risultato di questo procedimento consiste in ciò, che nell’opera è conservata e custodita l’opera di una vita, nell’opera di una vita l’epoca, e nell’epoca l’intero decorso storico”… Il frutto nutriente di ciò che viene compreso storicamente ha al suo interno come seme prezioso(fecondo) …il tempo(p.74).
  • Le “orme” di Ariela (in “Recisione impossibile”) ci guidano in questo incontro /confronto. Pittura, scultura e scrittura sono componenti fondamentali del linguaggio dell’arte di Ariela. L’alfabeto di antichi linguaggi diviene forma-pensiero, forma del pensiero ,basamento sul quale l’archeologica traccia del tempo /epoca consente a noi contemporanei di comprendere l’adesso, il presente sia collettivo che individuale . E solo grazie a questo presente quale risulta dalla complessità di un passato/ memoria siamo in grado di ripercorrere a ritroso le epoche ,in  un gioco dialettico di presente-passato –presente-futuro.

Spazio storico e spazio emotivo si innestano in una dialettica che mediante il linguaggio dell’arte impone una riflessione sulle cesure tra le epoche e salvano l’umanità e l’uomo dall’orrore che l’Angelo della storia accoglie nei suoi occhi atterriti. Il passato non può essere un ammasso di macerie né può diventarlo grazie alla furia omicida di chi pensa che distruggere ciò che l’umanità ha prodotto nei secoli sia solo un impaccio del quale liberarsi: nelle ”opere del passato è conservata e custodita l’opera di una vita l’epoca, e nell’epoca l’intero decorso storico”.

Il pensiero che diviene forma è una possibilità che sgorga dai meandri neuronici fisici ed emotivi della creatività. Il processo di creazione dell’opera fa parte del reale e nello stesso tempo se ne distacca. L’opera ci provoca, richiama lo sguardo e vive in questo rispecchiamento la duplicità del sé e dell’altro nella sua pregnante estraneità.

Ma l’occhio umano ci suggerisce Ariela può e vuole spingersi aldilà dell’immagine visibile: è in esso, nell’atto dello sguardo, che lo spettatore scopre che vi sono infinite possibilità di andare aldilà del reticolo che avvolge la realtà, pietra dura, marmorea ma vera del ciclo Invito 1/12.

Acque Movimento e Acque Quiete IIII travolgono lo sguardo nel loro ritmo dinamico ,nel quale luce ,ombra e colore definiscono l’immensità sino alle vertigine di uno mare percorso da vortici e maestose onde che si aprono per accoglierci, travolgerci sino allo stordimento e poi liberare lentamente il tumulto del cuore finalmente acquietato.  Il percorso visivo tra le opere in catalogo ci conduce alla scrittura/scultura di pannelli di legno e terracotta Raku, All’alba della scrittura ,dove le antiche lingue del mondo, l’ebraico, il siriaco, l’ arabo e i  misteriosi segni cuneiformi ci invitano al cimento, forme archetipiche che inducono a cercare un terreno di confronto in un mondo che ha sospeso ogni forma di dialogo e confronto. L’opera di Ariela dal lunghissimo titolo che suggerisce già una risposta “Che la memoria di ciò che è stato si fonda con la materia che ospita il nostro pensiero” è quasi liberatoria. Si è così: la memoria “si fonda” e viene ospitata nel nostro pensiero che nello stesso momento riflette su di essa sia in quanto memoria che risulta dal sommarsi delle singole memorie degli uomini.

Con la grandiosa installazione Torre di Babele siamo ancora una volta di fronte alla presa di possesso della terra promessa e nello stesso tempo alla difficoltà di rompere vecchi e nuovi conflitti. Il linguaggio dell’arte di Ariela si carica di attese, di memoria, di sogno. L’opera è una unità geometrica , realizzata in ceramica Raku, mattoncini soprapposti che recano in rilievo le iscrizioni di lingue arcaiche, parzialmente velate con uno smalto metallico che riflette la luce del sole, ciascuno con un insieme di segni in rapporto tra loro mediante connessioni molteplici di forze-tensioni. La struttura aperta dell’opera si apre alla speranza di un linguaggio plurale che più che dannare l’uomo gli consente di confrontarsi con linguaggi diversi del vicino oriente. I figli di Sem sparsi per il mondo richiedono oggi un incontro che li sottragga al crollo titanico della biblica Torre. A una prima lettura ogni pannello-lettera è un elemento ,un singolo individuo/nazione  con la propria storia e la propria cultura. A una visione d’insieme la somma degli elementi diviene forma che trova una unità circolare quasi prismatica del molteplice. Una ricerca di equilibrio, di armonia leonardesca che viene incrinata da un Crollo. Un crollo inevitabile, irreparabile? No, sembra suggerire l’artista: è proprio tale disequilibrio permea di sé le ultime opere in mostra e nel contempo una ricerca di armonia: dove siamo, con chi interagiamo, è possibile adottare il linguaggio della misura, ritrovare l’armonia senza correre il rischio della dis-misura? L’avvolgente suggerimento neuronico di opere quali “Qualità del pensiero:risveglio”, “Qualità del pensiero:giorno”, “Qualità del pensiero:declino”, ”Esplosione”, ci dicono che solo il risveglio, la crescita intellettuale della nostra immaginazione può metterci al riparo dal declino, da un declino sia cognitivo individuale che da un declino storico dell’umanità.

 

Il lavoro di Ariela si confronta così con il mondo antico e nuovo, l’adesso, il presente e  il globale e ci parla di possibilità di ricostruzione del mondo, di declino individuale e collettivo, di tempeste del cuore e della mente e apre così al nostro futuro. L’opera per l’artista è una lettura individuale del reale che attraverso l’organizzazione di segni diviene linguaggio che parla a/e/di quel reale che rappresenta. E’ dal fondo della dilatazione semantica operata dalla dialettica delle interpretazioni che emerge il momento privilegiato del dettaglio ,vengono in luce connessioni inedite, possibilità interpretative del reale ,luce che si intravede dalla notte del tempo. L’artista va dentro alle cose, nelle pieghe della storia , svela le linee di frattura e con un atto conoscitivo inedito rende mediante l’ immagine /opera ciò che di nuovo la figurabilità, la rappresentabilità di quella soglia ,di quel crinale ,di quella linea di frattura  consente. L’artista Ariela con la sua potente capacità creativa ci fornisce una lettura del mondo pre-dittiva, ci svela la nascosta genealogia del significato.

Questa mostra per l’importanza anche numerica delle opere esposte consente a noi spettatori di poterci confrontare con l’articolato corpus del suo lavoro, dove accanto a pittura, scultura, incisione e lavori in terracotta Raku figurano con altrettanta forza video di intensa poeticità. E’ questa la lezione di estetica che l’artista ci offre. Ed è con questo spirito che ho cercato di ricostruire  in grandi linee il suo itinerario anche con opere che non appaiono in questa mostra –All’Alba della Scrittura, Torre di Babele-Crollo- – ma fanno parte del percorso dell’artista e visibili in catalogo.

 

Concludo con una citazione ripresa da un intervento di Ariela Böhm in un seminario tenutosi al Macro Testaccio di Roma sul tema della Genesi dell’opera d’arte ,da me organizzato. Scrive Ariela

il percorso creativo varia di volta in volta ma, generalmente, inizia con un’immagine, una visione poco definita che va precisandosi via via che la analizzo o, a volte, semplicemente man mano che passa il tempo. Ho parlato di immagine, ma può anche trattarsi di un’idea che non ha ancora una componente visiva o essere semplicemente una sensazione o un’emozione che voglio suscitare nell’osservatore… ma non ho ancora idea di come fare. La fase di definizione può anche essere molto lunga…., per poi sfociare in una fase “operativa”. Questa consiste essenzialmente nella progettazione, quindi definizione delle dimensioni, materiale, tecnica, aspetto finale dell’opera. Dal momento che i miei lavori non sono di tipo gestuale o istintivo generalmente richiedono un’accurata fase progettuale in cui affronto e tento di risolvere anche le eventuali difficoltà tecniche”.

L’artista nel suo percorso creativo non ha mai smesso di progettare. Il primo uomo, scrive Argan, ha costruito un progetto per l’avvenire da una esperienza passata. Dai minimi al massimo il comportamento storico si sviluppa in un arco temporale che va dall’esperienza al progetto: ciò che è oggetto nel presente è stato progetto nel passato ed è condizione dell’avvenire. G. C. Argan-Progetto e destino.

 

Anna Nassisi

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